Nella mia famiglia i capelli bianchi arrivano troppo presto, non che uno sia mai disposto a vederli apparire.
Io li ho scovati improvvisamente, giuro, da un giorno all’altro, in mezzo alla riga che da sempre porto al centro, monotona come solo Maria Maddalena prima di me.
Sono comparsi a grappolo sulla mia testa, facendosi notare in mezzo al castano scuro, che quel candore non lo sa nascondere e anzi ci tiene a metterlo in mostra.
All’alba dei miei trentadue anni conoscevo il mio piccolo declino, la ruga che si è insediata sopra il mio naso, tra gli occhi, e quell’iniziare a dimostrare l’età che, dopotutto, tengo.
Giorno dopo giorno lo specchio mi è testimone e mi rendo conto che sto cambiando, che non cresco più, bensì invecchio.
Di me sapevo tutto ma non immaginavo, invece, di trovare tanti capelli bianchi sulla testa tonda di mio fratello, diciannove mesi dopo la mia partenza.
I suoi capelli corti, come i miei sempre portati uguali, ma con del bianco qua e là, a prova della sfiga genetica e del tempo che è davvero passato mentre io me ne andavo per il mondo.
Ma è lui, lo riconosco, e con le lacrime negli occhi e l’allegria nella pancia, gli ficco la testa sotto il mento e struscio, abbracciandolo come non potevo fare da troppo tempo e la voce mi diventa stupida mentre gli dico quanto mi è mancato.
Del tempo che è passato me ne accorgo, ancora, abbracciando mio nipote, lasciato a sei anni e mezzo e ritrovato ad otto.
Prendo male le misure mentre mi si lancia incontro, me lo aspetto e lo cerco poco sotto al mio seno.
E’ invece così alto, quasi uno spilungone.
Inizio ad immaginare l’uomo che presto sarà e fa male sapere che non ci sarò nel suo quotidiano, per me crescerà di 10 cm in 10 cm.
Quando mi siedo mi viene sulle gambe e, come lui, anche la mia nipotina si fa dondolare accoccolandosi in braccio, mentre la stringo annusandole i ricci dorati.
Lei ha ancora la sua parlata buffa mentre mi racconta, a macchinetta, di Flozen, Tumbo e del cartone sul topo che cucina.
Mio nipote invece non si fa più baciare come prima, a volte si scansa quando esagero.
L’ho lasciato che diceva ho gomitato quando mi raccontava di essere stato male ed era cintura giallo-arancio, mentre ora è ad un passo da quella blu, il che vuol dire che mi sono persa almeno tre premiazioni di karate. Per non parlare degli svariati allenamenti che una volta, invece, presidiavo.
Non sbaglia più le parole come faceva quando era un cucciolo pieno di capelli ma quando si imbroncia ha ancora quel musino da bambino e gli occhi azzurri, tondi e belli quando ride, quelli spero non cambieranno proprio mai.
E’ ancora un bambino ma è anche così grande.
Tutto questo non è cambiato giorno dopo giorno per me, non è cambiato sotto al mio naso.
Il cambiamento mi si è parato davanti tutto assieme, mostrando l’evidenza di un lasso di tempo che non ho visto passare, pur percependolo, razionalmente, con l’andare del calendario.
E’ questo il prezzo da pagare per la vita che ho scelto?
Crescere, anzi invecchiare, lontano da chi amo davvero e temere di perderne l’essenza, di lasciarmeli sfuggire impossibilitata a stringerli, a trattenerli, tra le dita.
Consapevole di non esserci per loro nel momento del bisogno e men che meno in mezzo alle loro giornate di gioia.
Seduta, durante un pranzo insieme a base di kebab, in uno dei posti che erano nostri, mi sembra che il tempo si sia fermato a quasi due anni fa. Ritrovo tutti i pezzi del mio cuore, così come li avevo lasciati.
La conversazione è diversa da quella che avviene nei nostri incontri al telefono, quando mio fratello comincia sempre con un “che mi dici?” e lo sento che sta cucinando la cena mentre con la guancia tiene il telefono per aver le mani libere.
Seduti a quel tavolo siamo diversi, attenti e presenti così come dovrebbe essere.
Le cose arrivano veloci quando ci si guarda in faccia, le parole escono immediate e si ride tanto di più incrociando gli sguardi che ami e riconosci.
Sembra che non sia passato un solo giorno da quando le nostre strade si sono in qualche modo separate, da quando ho scelto di cambiare rotta ed abbandonare la madre Patria.
Invece il tempo è passato e nello shock di ritrovarci in aeroporto – ed io non ho occhi che per lui, mio fratello, che una volta aveva la testa a panettone, esattamente come suo figlio – ne avverto ogni secondo e mi chiedo:
“Sarà sempre così?
Sempre peggio?”
Un giorno potrei non ritrovare coloro che amo, non arrivare in tempo.
Ogni giorno perdo qualcosa lì che non tornerà più.
La quotidianità che c’era e non c’è più nonostante gli sforzi di tutti noi.
Riprendo l’aereo e mi ritrovo distrutta al pensiero di ciò che perdo, di nuovo, dopo ogni partenza.
Divisa tra il desiderio di non andar più via e quello di non voler vivere laggiù un solo giorno in più.
Sono ancora sull’aereo quando realizzo e sussurro a mio marito: “Adesso siamo di nuovo soli, di nuovo solo io e te”.
Serena, Scozia
Serena ha collaborato con Amiche di Fuso dal 2014 al 2018 e continua a scrivere per facciocomemipare.com
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Lacrimoni… ma verissimo! il lato nero di vivere lontano, che sia 100 o 10.000km poco cambia, devi accettare di non avere piu’ la quotidianita’. che anche se torni, torni solo per un weekend. io che non torno a casa da quasi un anno, ho paura di quello che trovero’ e ancora di piu’ di quello che non trovero’, perche ti rendo conto che tutti vanno avanti, tu per primo!
Vorrei tanto poter tornare piu’ spesso, sono stata via troppo a lungo ed ora che sono a 4 ore di volo vorrei poter salire sull’aereo ogni giorno.
Purtroppo non e’ possibile.
Che fatica la vita che abbiam scelto!
Io sono nella parte di chi è rimasto (mia figlia è partita) e sono cosciente che le probabilità che la portino ancora più lontana di quanto sia la Scozia dall’Italia aumentano vertiginosamente, ma il compito di entrambe sarà vivere questa distanza come opportunità e crescita per tutti (anche per il padre che ora si è messo a studiare l’inglese). Lei sarà per i suoi nipoti il mezzo per essere cittadini del mondo, perché fra qualche anno potranno avere una “casa” anche in Scozia se sarà ancora là e non capita spesso.
Quando sono partita per l’Australia avevo in testo una immagine.
Loro dall’altra parte del mondo, con me.
Creare qualcosa di grande ed invitarli a casa mia per le vacanze estive, per un soggiorno.
Aprire la strada ai nipoti, ammesso che saranno interessati a vivere fuori dall’Italia visto che non e’ per tutti.
Grazie per questo commento, mi hai ricordato uno dei miei obiettivi!
100 km o 10000km sono un’enormita’ Laura.
Io vivo a Melbourne da 4 anni a mezzo. Avendo iniziato una famiglia e con moglie disoccupata che si occupa della bimba, non ho ancora avuto modo di ritornare.
Vivessi a 100 Km ti giuro in un week end andrei in bici a trovare i miei cari.
Vivendo a da 500 Km lo farei in macchina in un week end
Da 3000 a 5000 Km in aereo per un week end, anche se qui la componente economica incomincia a pesare.
Dai 5000 ai 10000, esborso consistente e necessita’ di prendere ferie, anche una settimana sarebbe poco.
Quando si vive oltre i 10000 con uno stipendio e con moglie e figlia a carico….un sogno, fattibile all’incirca ogni due anni, se va bene.
100 o 10000 non e’ la stessa cosa, fidati!
Marco
E’ vero, non sono la stessa cosa, sarei tornata piu’ spesso se non avessi iniziato il mio espatrio in Australia.
Ma questo non vuol dire che non si provino gli stessi piccoli o grandi dolori, a 100 o a 1000 km
Salutami Melbourne, mando un abbraccio alla tua famiglia.
Ciao Marco, io mi riferivo alla mancanza della quotidianita’ che ti manca sia se sei vicino che se sei lontano… lo dico per la mia esperienza, vengo da un’anno e mezzo a Parigi in cui tornavo a Roma due weekend al mese, ora sono a Dubai che, se pure non e’ l’Australia per distanza, non mi ha permesso di tornare da un’anno (poche ferie, weekend diversi dall’europa, 6 ore di volo, prezzi alti…). La mia personale sensazione e’ che in entrambi i casi manca la vita insieme, la vita di tutti i giorni, vivere la stessa vita, la stessa cultura, gli stessi posti e forse anche la stessa “vita facile” di chi non ha fatto la nostra scelta. io mi sono sentita lontana e “fuori” dalla vita di Roma anche quando ci tornavo relativamente spesso. Poi e’ chiaro che anche io capisco la frustrazione di dover pianificare un viaggio a casa per mesi, sapere di spenderci un bel budget (e fa male), usare le poche ferie… di certo era piu’ facile quando in due ore d’aereo ero a “casa”
vivo in UK, non è lontanissimo, ma ovviamente mi perdo il quotidiano: il gattino di mia sorella (io l’ho visto piccolo) che adesso è un leone, la gravidanza di mia cugina (che amo come fosse la terza sorella), ho perso il nonno e il papà.
Il prezzo da pagare a volte è davvero troppo alto. Ma è questa la vita che ho scelto, e non voglio cambiarla. Dobbiamo essere forti, io e loro. Cercando di vedersi il più possibile!
un abbraccio Serena!
Non voglio cambiarla ma quanto mi mancano. :*
Cara Serena, mentre ti leggevo a colazione ieri, mi chiedevo se magari ero io a scrivere..
Sei riuscita a scrivere le emozioni di tanti di noi, e mi ci sono rivista al 100%. Soprattutto nella parte del chi me lo ha fatto fare, e anche di quella in cui sull’aereo dico a mio marito che adesso siamo solo noi. Penso e dico le stesse cose ogni volta. é durissima, ed ogni volta di piú. Mia sorella mi manda foto dei bimbi ogni giorno, e mi manda messaggi vocali, registra i bimbi mentre giocano, per rendermi partecipe. E poi io ovviamente li ascolto mille volte e non li cancello mai. La cosa che piú strana e che a volte mi fa sentire in colpa, é che una volta rientrati a DC siamo felici, e stiamo bene. Lasciami aggiungere un per fortuna, ma l’equilibrio che abbiamo qui non c’é mentre siamo in Italia o in Portogallo dai suoceri. Ho deciso di inviarlo a mia sorella questo tuo articolo, cosí puó leggere come mi sento e capire che non é facile nemmeno per chi parte. Mi sa che la faró piangere, c’ha ancora gli ormoni pazzi della gravidanza.
L’importante é essere felici e fare una vita che ci piace.
Ciao!
Tra le cose che non riesco a cancellare MAI dal cellulare ci sono proprio le loro voci ed i video.
Come te, io in Italia non ci sto bene per niente e non posso tornare indietro.
Certi giorni pero’ darei tutto per averli vicino…
Serena, anche io avevo scritto un articolo simile di ritorno dalle vacanze di Natale. Ogni volta che torno in Italia vedo sempre più capelli bianchi, nipoti crescere e riparto sempre con il terrore di non ritrovare più le stesse persone la prossima volta. “Partire è un po’ morire”. E sí, purtroppo una volta sull’aereo siamo di nuovo soli. Ma se l’espatrio è stato una scelta voluta, allora lo supereremo e il sorriso tornerá presto!!
On the other hand, come si dice qui… la vita va avanti proprio come l’avevo desiderata e la affrontiamo con positivita’ ed allegria.
Purtroppo sono consapevole di rinunciare ad una parte del mio cuore, una parte insostituibile malgrado tutti gli amici e la rete che vado creando.
Un abbraccio a te!
[…] “Il prezzo da pagare” del blog “Amiche di fuso” dal […]
Io ti capisco bene. Vivevo a 15-16 ore di volo da casa e l’incubo che potessi non essere in tempo in situazioni spiacevoli lo vivevo tutto nel mio stomaco. Ogni volta che l’aereo decollava, avevo lo stesso pensiero con mia moglie. Per noi è stato un bene, perchè la nostra esperienza di expats ha coinciso proprio con l’inizio del nostro matrimonio. Ma entrambi avevamo un qualcosa che ci faceva pensare all’Italia.
Io non credo ci sia una soluzione a questo. Se non riprendere la quotidianità, tuffandosi dentro a più non posso.
Hai ragione, la soluzione non c’e’ finche’ hai a cuore qualcuno. 🙂
La quotidianità non si può vivere, ma se sono affetti forti e sinceri quando ci si ritrova si vive un’emozione talmente bella che val la pena di provare.
Eh, per più di 4 anni la lotta per restare in Australia e non essere ‘estradata’ ha offuscato ogni altro sentimento, al punto che non mi sono resa conto di sentire la mancanza di amici e parenti…anzi me ne sono proprio dimenticata. È solo di recente, negli ultimi due anni, da quando ho ottenuto la residenza, che mi sono rilassata, ho smesso di angosciarmi per i visti e allora ho visto i capelli bianchi, i nipotini cresciuti.. complici anche due perdite, per cui non sono arrivata in tempo, di recente il peso di queste 30 ore di treno-aereo-treno-macchina si fa sentire tutto. Mi sento fortunata, ho una vita tutta mia e tutta nuova down under, un lavoro pazzesco, fidanzato Aussie, ma quando torno in Italia e guardo gli zii, i cugini, mia sorella, vedo quello a cui ho scelto di rinunciare: la quotidianità, l’essere li l’uno per l’altro nei momenti belli e brutti…
Come ti capisco.
Due anni fa ero cosi’ presa dall’entusiasmo da dirmi che un giorno di viaggio e’ nulla se potevo vivere in Australia, ora so che un giorno me ne pentiro’, anche solo per qualche istante.
La vita pero’ va vissuta.